Il pecorino stagionato in botte è un prodotto tipico sia nell’area marchigiana che umbra, diffuso in modo particolare sia nella zona di Fano che in quella di Gubbio.
La leggenda:
Si pensa che l’idea di far stagionare il formaggio nelle botti sia venuta ad un contadino mal pagato che sottraeva ogni tanto al suo padrone una forma di pecorino, nascondendola nelle botti vuote che si trovavano in cantina. Per far sembrare che le botti fossero ancora piene di vino, oltre al formaggio, ci inseriva della cenere.
Quando il padrone “batteva” le dita sulla botte per controllare che questa fosse piena, non si accorgeva di nulla. Il pastore intanto si raccomandava con una preghiera a San Giovanni prima di serrare le botti.
Le botti venivano poi aperte l’11 novembre, il giorno di San Martino, giorno in cui le botti dovevano essere nuovamente riempite con il vino.
La tradizione ci narra che questo è un formaggio che ha la permanenza nelle botti da San Giovanni a San martino (24 giugno – 11 novembre).
Probabilmente i primi ad usare questa tecnica di stagionatura furono i sardi.
E’ un formaggio che si ottiene dal latte di pecora unito al caglio di vitello o agnello e fermenti lattici.
Il pecorino viene salato a secco e in salamoia, viene fatto stagionare 60-90 giorni e poi chiuso 4-5 mesi nelle botti di rovere che contengono ancora il profumo del vino.
Nelle botti il prodotto viene adagiato su vari tipi di foglie, come quelle dell’albero di noce. Quando viene rimosso dalle botti , dovrà asciugare per circa 10 giorni, poi verrà incartato con carta di juta e venduto circa una mese dopo.
Alla fine di tutto questo procedimento la parte esterna del prodotto avrà un colore scuro e sarà liscia, l’interno sarà candido-dorato con una pasta molto fine.
Per gustarlo al meglio può essere accompagnato dal mosto, frutta secca, miele ed arance, marmellate acidule, pomodori verdi oppure con un vino rosso invecchiato.
Può essere utilizzato come ripieno per i tortellini e cappelletti, oppure grattugiato come condimento per primi e secondi piatti.
Un’altra versione è quella in cui, per la stagionatura, al posto delle erbe si utilizzano le vinacce. Questa tecnica è stata utilizzata per la prima volta da Terenzio Grossi, il capo di una banda di briganti che verso la metà del 19° secolo rubò dei pecorini e li nascose tra la vinaccia. Come per il formaggio stagionato tra le foglie anche qui la prestagionatura deve essere di circa 3 mesi, e successivamente il prodotto dovrà asciugare 10 giorni su delle assi di legno.
Questo tipo di pecorino viene utilizzato per il gioco della ruzzola: è un’attività che richiede una certa forza fisica, infatti consiste nel tirare le forme di pecorino facendole rotolare lungo le strade. Lo scopo è quello di farle arrivare più lontano possibile.
Si lanciano con uno spago che viene legato al polso del partecipante e avvolto attorno alla circonferenza della forma di formaggio.
Ogni concorrente effettua diversi lanci, solitamente 5. Ogni volta va tirato nel punto in cui si era fermato la volta precedente. Ovviamente il premio è rappresentato dalle forme di pecorino degli avversari.
Nella nostra regione è molto apprezzato nel comune di Mondolfo e San Costanzo.
(Fonte foto e testo: http://spvet.it/arretrati/numero_14/pecorino.html
https://www.lavalledelmetauro.it/contenuti/carnevale-feste-tradizioni-lavoro/scheda/9848.html
https://www.fitelmarche.it/regione_marche/PRODOTTI_TRADIZIONALI/FORMAGGI/PECORINO_IN_BOTTE/IN_BOTTE.htm)
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