La Festa del Mare a Fano è una tradizione forte che nasce dal rapporto storico tra il Mare e la città di Fano, i suoi abitanti. Le celebrazioni il primo week end di Agosto. 5-6 Agosto per questo 2017
La Festa del Mare a Fano, è un evento nato per celebrare il forte attaccamento di Fano al Mare, ai Marinai, a tutte le attività di tipo Turistico, Peschereccio, Mercantile che negli anni hanno segnato fortemente la storia della città e di tante famiglie che con il mare ci sono cresciuti, ci sono vissuti, ci han dedicato la loro vita. Questo è il vero significato di questo evento che prevede una serie di celebrazioni anche semplici e rituali, ma fortemente sentite dalle sue genti, ed una parte popolare seguita da tanti fanesi.
A seguire il programma della Festa del Mare a Fano:
Alcuni momenti della manifestazione, considerando appunto questa forte tradizione, vogliamo raccontarveli al di fuori di un semplice cronoprogramma.
Un momento molto suggestivo riguarda il rituale della domenica mattina; la deposizone della corona alla “Tempesta”, monumento ai caduti del mare (foto a fianco): si parte dalla Guardina costiera, con autorità civili e militari, associazioni, popolo, pronti a percorrere l’intero molo per giungere oltre “i quadri” (così gli chiamiamo a Fano), ove il monumento di una mamma col proprio bambino esprime appieno la straziante angoscia passata da tante famiglie nella storia marinara locale. Qui la deposizione !!
A seguire la SS. Messa officiata dal Vescovo di Fano con la premiazione dei “Lupi di Mare” sull’altro monumento ai Caduti del Mare posizionato in zona porto di fronte al nuovo ponte che fa da collegamento con la Spiaggia del Lido; molte le autorità civili e militari che partecipano ed anche molte associazioni cittadine. Al termine della cerimonia religiosa, oltre alla deposizione della corona, anche la consegna del delegato FEE della “Bandiera Blu”, riconoscimento a cui Fano tiene molto e che riesce a mantenere con costanza.
Ultimo momento della mattinata della Festa del Mare a Fano l’uscita dei pescherecci per la deposizione della corona in mare: la corona viene solitamente lasciata da un marinaio della Capitaneria di Porto di Fano e da un ex marinaio membro dell’Ass. Nazionale Marinai d’Italia, accompagnati dal Sindaco della città. A fare da contorno a questo momento tante imbarcazioni, pescherecci, per i sentiti “3 giri” attorno alla corona effettuati subito dopo il lancio in mare.
Terminati i rituali mattuttini si giunge al momento più atteso della Festa del Mare a Fano, dai Fanesi e dai Turisti è quello che prevede attività e presentazioni culturali, la Nutata Longa della domenica pomeriggio, stands enograstronomici per la cena ed il tanto atteso Spettacolo Pirotecnico della Domenica sera (ore 23.30 Molo di Levante – Sassonia)
Pillole di Storia – Fano ed il Mare
Fano è una città storicamente legata al mare, ed alcuni documenti sulla presenza di un porto risalgono al 1348 ove, si legge, venivano effettuati pagamenti al “maestro del porto”. Le attività marittime poi crebbero fino ad avere la presenza di grandi imbarcazioni a vela e l’allora porto di Fano sembrava essere inadeguato.
Fu papa Borghese (papa Paolo V) nel 1613 a dare il via ai lavori di costruzione di una Darsena più efficiente che potesse permettere gli scambi marittimi ed affermare Fano come punto di scambio delle merci, quindi porto mercantile.. Nacque così la Darsena Borghese ancora oggi ben visibile ed attuale sede della Associazione Nazionale Marinai d’Italia.
Dopo altri interventi di varia natura, nel 1753 l’architetto di fama Carlo Murena presentò alla Congregazione del buon governo l’idea che si sarebbe poi rivelata giusta: costruire un molo guardiano a est del canale, da prolungarsi periodicamente, per fare da barriera ai detriti provenienti dalla foce del Metauro. Opere di prolungamento dei moli verso mare continuarono infatti ad essere realizzate nel XVIII e XIX secolo.
Nel 1862 venne costruito il ponte ferroviario, non senza controversie, dato che precludeva alle navi alberate l’ingresso al tratto più interno del porto. Nel 1865 l’amministrazione del porto passò al Comune, che continuò le opere di prolungamento delle due palizzate all’imboccatura, sempre secondo i principi del Murena, fino ad arrivare ai grandi ampliamenti del XX e XXI secolo.
Negli anni 1911-1914 vennero realizzati il cosiddetto bacino di stazionamento (bacino di ponente o Darsena Pipeta), situato in corrispondenza del faro di Fano e destinato alle imbarcazioni da piccola pesca e alle vongolare, e il bacino di espansione o avamporto, costituito dal prolungamento dei moli esterni e destinato al solo transito, unica apertura del porto nell’Adriatico.
Nel 1925 vennero aggiunti il bacino orientale (Bacino di levante o Darsena pesca o Darsena Giurgin) e lo scalo di alaggio, destinati a pescherecci e cantieristica, che rimpiazzarono lo squero vecchio, del quale rimane soltanto una rientranza nella banchina nelle vicinanze del faro.
Nel 1975 è stato completato un lavoro di ampliamento del bacino orientale e di realizzazione di un’area asciutta destinata ai cantieri navali, che ha richiesto l’aggiunta di terreno e scogliere artificiali. Dal 1991 l’area ospita anche il Laboratorio di Biologia Marina e Pesca.
Nel 2003 sono terminati altri lavori di ampliamento che hanno aggiunto, al di là dell’area cantieristica verso mare, la Darsena cantieristica, usata anche dai pescherecci di stazza maggiore, e l’ampia Darsena diporto detta “Marina dei Cesari”, ossia il porto turistico per le imbarcazioni da diporto private.
Per terminare questo racconto una dimostrazione pratica del rapporto nato nel tempo tra la città di Fano ed il suo mare: le Vele al Terzo.
Il barchetto a vela adibito alla pesca (in dialetto fanese “barchét”) appartiene al tipo di imbarcazione denominata trabaccolo. Quest’ultimo, sotto la denominazione di trabaccoletto, compare verso la metà del 1600.
I trabaccoli più grandi, sino a 100-200 tonnellate di stazza, erano adibiti a trasporto merci, mentre i barchetti, più piccoli, erano imbarcazioni da pesca, anche se venivano impiegati saltuariamente per trasportare frutta, ortaggi e ghiaia. Nell’ufficio di porto locale fanese venivano anche registrati come tartane, dal nome della rete con la quale pescavano.
Il trabaccolo era un tipo di veliero a fondo largo e di poco pescaggio, a prua panciuta, con due alberi e vele al terzo, diffuso specialmente in Adriatico. Il trabaccolo da pesca (“barchét”) possedeva questa struttura generale ma aveva una stazza inferiore, da 5 a 30 tonnellate. Inoltre la stiva era meno ampia e a poppa il bordo (capodibanda) era basso per facilitare le operazioni con la rete.
Le vele erano appese agli alberi di prua e di poppa sulla sinistra, mediante il pennone ad un terzo della sua lunghezza (di qui il nome di “vele al terzo”). Erano di cotone Corgniè, tessute dalle donne e dipinte dai marinai con colori (polveri di terra) dai toni vivaci: prevalentemente rosso, arancio, giallo e nero. I disegni e i colori delle vele rappresentavano un segno di identificazione a distanza dell’imbarcazione. Il bompresso (“spuntiér”) era un lungo palo posizionato a prua per alzare una terza vela: il fiocco (“puledrón”). Le vele possedevano tre ordini orizzontali di “matafión”, cordicelle che servivano per ridurle, arrotolandole, a seconda dell’intensità del vento: “a una man” al primo ordine, “al cuncér” al secondo e “al pìcul” al terzo.
Sulla prua erano posizionati gli “occhi”, con funzione ornamentale, e al di sotto le cubìe attraverso le quali passavano le cime di ormeggio (solo una oppure nessuna nei barchetti).
Il timone era del tipo a calumo, sollevabile con un paranco a seconda della necessità (ad esempio con bassi fondali). Era dotato di una lunga barra per manovrarlo, detta rigola. I barchetti si servivano anche di un lungo remo per “parare”, ossia per far muovere la barca durante la bonaccia, configgendolo nel fondo e spingendo.
I barchetti a vela sono stati particolarmente numerosi lungo la costa romagnola e marchigiana dalla seconda metà del 1800 sino al 1940. Quelli piccoli praticavano la pesca sotto costa (“d’inbòn”), i più grandi la pesca al largo (“de foravìa”) sino alle coste dalmate. Mentre il barchetto era impegnato nella pesca, anche per tutta la settimana, un’imbarcazione più piccola (detta “purtulâta” o “batlòt”) condotta al traino, scaricava il pesce a terra e al ritorno trasportava provviste per l’equipaggio. I viaggi di questa imbarcazione avvenivano anche due volte al giorno.
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